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Principio di falsificazione tra prova indiziaria e prova scientifica
Riflessioni sul caso Garlasco e M. Kercher
Volume
Informazioni tecniche
Descrizione
La complessità della prova indiziaria, conduce a delineare un percorso valutativo teso a non trascurare il peso del singolo dato: provare l’esistenza di un fatto mediante indizi non significa scontare la scarsa persuasività o univocità dell’indizio isolatamente considerato, sol perché nel complesso la pluralità di questi, converga verso il medesimo risultato. Sostenere che tra le varie ipotesi ricostruttive sia sufficiente che ve ne sia una comune a tutti gli indizi per ritenersi raggiunta la prova del fatto, significa operare un calcolo di probabilità, e al contempo esimere il giudice dal vaglio sulle ipotesi alternative.
Il falsificazionismo, caratterizzante il metodo scientifico, mira difatti a sondare la sostenibilità di una tesi alla luce della sua confutabilità.
La prova scientifica, d’altro canto – sia che risulti, nel caso concreto, direttamente o indirettamente rappresentativa del fatto da provare –, non potrà tradursi in un appiattimento del giudizio sui risultati della scienza o in un suo superamento sulla base di un’anacronistica supremazia del giudice peritus peritorum.
Il principio dell’al di là di ogni ragionevole dubbio – inteso come criterio interpretativo che impone uno sforzo valutativo e motivazionale ulteriore, orientato su un metodo scientifico falsificazionista – fonda il tentativo di smentita della singola risultanza indiziante e il percorso teso a comprendere e giudicare l’esito scientifico.
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Chiara Naimoli è dottoranda di ricerca in “Diritti umani. Teoria, storia e prassi”, presso l’Università “Federico II” di Napoli. È Cultore della materia di Diritto Processuale Penale presso la medesima Università. Ha conseguito il titolo di Avvocato e il diploma presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali.
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