Cimabue

Miriam Fileti Mazza

Volume Il prezzo originale era: 25,00€.Il prezzo attuale è: 23,75€.

Quantità:

Informazioni tecniche

ISBN
979-12-5486-438-8
Caratteristiche
2024 • 24x32,5 cm • 272 pagine • 131 immagini • cartonato con sovraccoperta
Collana

Descrizione

«Quando anni fa in occasione dei miei quarant’anni un caro amico filosofo mi regalò Parola dipinta di padre Pozzi, fui affascinata talmente tanto da quel libro che aiutò a predispormi ad ascoltare col gli occhi e vedere col cuore.

Da allora ho sempre cercato di osservare, in un’opera d’arte, quel testo verbale preciso che si nascondeva nelle composizioni figurative.

E quel sull’orlo del visibile parlare dantesco, spesso l’ho vissuto nell’incertezza di non poter interpretare ciò che lo spazio figurato aveva da dire.

Per quanto il terreno della percezione possa essere anche insidioso e irreale, l’esercizio emotivo e mentale di avvicinarsi a un’opera d’arte con la volontà di recepire oltre il colore e la forma, è stato e continua a essere una necessità assai forte che fortunatamente ancora non mi abbandona.

Nasce dalla convivenza della parola e del segno l’arte di Cimabue, dove la prima dà l’avvio al percorso visivo che il pittore deve intraprendere e il secondo ferma e rende perenne l’immagine e l’immaginario.

Con tali premesse accettare di scrivere un libro su Cimabue, uno dei rarissimi casi della storia dell’arte di cui niente sappiamo della vita dell’artista e dell’uomo, mi è sembrato il modo migliore per applicare le suggestioni di quella parola dipinta che ero certa non avrebbe deluso le mie aspettative.

Nel linguaggio popolare quando si nomina Cimabue lo si accosta subito a Giotto, sorvolando sul primo e concentrando l’attenzione sul secondo che aveva superato in abilità il maestro.

Peggior principio la storia di Cimabue non poteva avere, ma trascurando la voce degli aneddoti e iniziando a percorrere una strada difficile, ma ugualmente affascinante, sarà mio desiderio ribaltarne le sorti. Cercherò di assicurare allo scenario dell’arte figurativa, un protagonista sì tanto studiato, ma forse non abbastanza per poter apprezzare la sua poco nota autonomia di artista, liberandolo da alcuni preconcetti e molte riserve interpretative.

Scrivere di un artista come Cimabue è stata quindi una sfida a tutti gli effetti, e raccoglierla ha rappresentato da subito la volontà e l’impegno di entrare insieme al lettore nel mondo di un autore tanto grande quanto misterioso e dove le sue immagini dipinte altro non sono che un lessico visivo che ha necessità di essere imparato o incontrato di nuovo.

Sono due i nemici ben precisi per quest’impresa che ha richiesto fede e immaginazione. Il primo ostacolo è stato l’innegabile esigua quantità di opere attribuite al maestro fiorentino. Il secondo e ben più perfido, lo stato conservativo dei pochissimi lavori; molto precario nella maggior parte dei casi e addirittura pessimo quando al deterioramento del tempo – si pensi agli affreschi dove al posto della lucente biacca di quei lontani giorni, arrivò ben presto il nero dell’ossido di piombo – si era unita la terribile offesa di un’alluvione o del terremoto…»

Miriam Fileti Mazza

 

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Miriam Fileti Mazza

Nata a Firenze nel 1954, si è laureata a Bologna in Museografia e perfezionata in Storia della Critica d’Arte presso la Scuola Normale Superiore di Pisa dove dal 1980 è ricercatrice confermata a “Storia dell’Arte e Archeologia”.

L’ambito della propria ricerca è stato costantemente caratterizzato da due specifici settori d’interesse: l’informatica applicata alla storia dell’arte, che l’ha vista per oltre vent’anni attiva collaboratrice del Centro di Ricerche Informatiche per i Beni Culturali della Scuola Normale (dove ha rivolto particolare competenza alle problematiche della catalogazione, conservazione e musealizzazione delle opere), e lo studio della storiografia Medicea-Lorenese del Sei e Settecento con particolare attenzione al collezionismo e alla politica museografica degli Uffizi, di Palazzo Pitti, del Museo Nazionale del Bargello. Inoltre si è dedicata ultimamente a problematiche contemporanee, pubblicando studi relativi a carteggi e altri documenti su alcuni esempi di attività giornalistica del primo Novecento. Non sono stati estranei ai propri studi anche i problemi del lessico storico e tecnico delle arti e dei mestieri.

Durante questi anni di lavoro ha partecipato a numerosi Convegni nazionali e internazionali sulle problematiche gestionali dei Beni Culturali, sulla didattica applicata a tali settori e su temi di collezionismo e politica del Bene Culturale tra Sei e Settecento, collaborando con Istituzioni italiane (Musei, Accademie, Soprintendenze, Centri di Ricerca e di Restauro, Biblioteche, Archivi, Dipartimenti della Regione Toscana, Lombardia e Emilia-Romagna ecc.) ed estere.

Dal gennaio del 2004, collabora col Laboratorio delle Arti Visive della Scuola Normale diretto da Massimo Ferretti, coordinando vari progetti tra cui: “Riviste d’arte e fortuna visiva dell’illustrazione artistica”, “Stampe di traduzione dal XVI al XX secolo”. Ha promosso e coordinato vari programmi di ricerca nell’Ateneo pisano, toccando ultimamente i seguenti temi: “Ricognizione sui movimenti del mercato artistico nella Toscana lorenese”, “Il collezionismo di materiale grafico nell’Italia post medicea”.

Attualmente è responsabile scientifica di alcuni progetti promossi presso la Fondazione MEMOFONTE.

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